Nella materia dei “contratti pubblici” il subappalto – inteso come affidamento da parte dell’esecutore ad un suo sub-contraente – e le sue limitazioni sono da tempo oggetto di regolamentazione da parte del Legislatore; l’introduzione nell’ordinamento di settore di un limite risale all’art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
Tale norma è confluita successivamente nell’art. 34 della L. 109/1994, poi nell’art. 118 del previgente Codice (D.Lgs. n. 163/2006) e infine nell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016, a sua volta oggetto di modifiche da parte del recente Decreto Legge Sblocca-Cantieri e relativa Legge di conversione n. 55/2019.
In particolare, il comma 2° dell’art. 105 del Codice prevede che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. (…) Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.”
Il limite quantitativo previsto nel 2016 è stato poi innalzato dallo Sblocca-Cantieri (sulla scorta del procedimento di infrazione avviato dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia) sino al 40%; la modifica è tuttavia provvisoria, essendo prevista fino al 31 dicembre 2020.
Lo Sblocca-Cantieri ha altresì previsto la sospensione, fino al 31 dicembre 2020, dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori per gli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria, nonché le verifiche in sede di gara sui requisiti del subappaltatore ex art. 80 D.Lgs. n. 50/2016.
La ratio delle limitazioni previste dal Legislatore è stata sempre quella di assicurare quanto più possibile l’esecuzione in proprio da parte dell’aggiudicatario e soprattutto contrastare il rischio di infiltrazione criminosa e condizionamenti nel “secondo livello”, inevitabilmente soggetto ad un minor controllo dell’Amministrazione.
Diversi dubbi sono stati sollevati in sede comunitaria sulla compatibilità della normativa italiana rispetto alle direttive su appalti e concessioni (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE), determinando nel 2018 l’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per la violazione del diritto comunitario da parte del D.lgs. n. 50/2016; in particolare si è ritenuto che la normativa italiana violi il diritto UE laddove limita in via generale il ricorso al subappalto, e non solo nei casi in cui una restrizione sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto al fine di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese.
Nelle intenzioni del Legislatore italiano, le modifiche introdotte dallo “Sblocca-Cantieri” nell’estate del 2019 dovevano essere sufficienti a risolvere le criticità sollevate dalla Commissione Europea; nel frattempo, tuttavia, il procedimento originato da un’ordinanza di rimessione del T.A.R. Lombardia (n. 148 del 19 gennaio 2018) conduceva ad una ulteriore presa di posizione negativa da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Con la Sentenza C-63:18 del 26.09.2019 la Quinta Sezione della CGUE ha affermato la illegittimità dell’art. 105 del Codice nella parte in cui limita in modo generale e astratto il ricorso al subappalto, stabilendo una percentuale massima rispetto all’importo complessivo del contratto, senza considerare il settore economico interessato dell’appalto, la natura dei lavori o l’identità dei subappaltatori e senza lasciare spazio alla Stazione Appaltante di valutare caso per caso l’applicazione del limite.
Nello stesso senso, la successiva Sentenza C-402:18 del 27.11.2019 ha ritenuto che “…anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno [l’infiltrazione criminale], una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”.
Il quadro normativo attuale vede quindi una regola generale, l’art. 105, 2° c. del Codice, in contrasto con le indicazioni della Corte di Giustizia in merito all’interpretazione e recepimento delle Direttive da parte degli Stati membri.
Considerando che le pronunce della CGUE hanno efficacia ultra partes e comportano l’obbligo sia del giudice del rinvio che della Amministrazione di disapplicare il diritto interno eventualmente in contrasto, la Giurisprudenza ha iniziato a ritenere “…che non possa più ritenersi applicabile “a priori” il limite del 30% al subappalto, ma che debba comunque essere valutato in concreto se il ricorso al subappalto abbia effettivamente violato i principi di trasparenza, di concorrenza e di proporzionalità” e se renda “…del tutto incerta la corretta esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto” (T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. I, 05.12.2019 n. 1938).
In seguito alla pronunce della CGUE, in data 21.02.2020 anche la Provincia Autonoma di Trento ha adottato, con delibera della Giunta Provinciale, delle nuove linee guida al fine di fornire indicazioni operative (a “carattere vincolante“) alle amministrazioni locali, in particolare in relazione alla possibilità di introdurre limitazioni alla quota parte subappaltabile.
Viene quindi sancito l’obbligo per le Stazioni Appaltanti di disapplicare il diritto interno in contrasto con il diritto europeo, aggiungendo che la violazione di tale obbligo espone l’amministrazione al rischio di responsabilità per i danni che ne possono derivare.
Al fine di non violare la disciplina comunitaria nella predisposizione e gestione delle procedure di affidamento di contratti, la Provincia Autonoma di Trento ha stabilito che:
- la limitazione del subappalto non deve comportare un restringimento ingiustificato della concorrenza, ostacolando l’accesso delle piccole e medie imprese alle procedure di affidamento;
- in relazione al settore economico o merceologico dell’appalto, la limitazione del subappalto potrebbe giustificarsi in ragione del limitato numero di operatori economici qualificati nello specifico settore per evitare pratiche elusive;
- in relazione alla natura dei lavori o della prestazione da subappaltare vengono riportati alcuni casi che possono giustificare la limitazione;
- negli affidamenti di servizi, l’amministrazione aggiudicatrice può motivare altresì una limitazione delle prestazioni subappaltabili al fine di garantire che l’attività principale oggetto di contratto venga svolta direttamente dall’operatore valutato;
- nel caso in cui siano previste le limitazioni, esse siano adeguatamente motivate dalla Stazione Appaltante tenendo conto della natura e delle specificità delle prestazioni oggetto dell’appalto;
- alle lavorazioni/prestazioni omogenee si applica il limite/divieto di subappalto così come per gli incarichi tecnici;
- nell’ambito dei servizi socio-assistenziali possono sussistere particolari ragioni, legate alla natura del servizio offerto, alla necessità di assicurare la continuità assistenziale oppure alla situazione di svantaggio in cui versano i beneficiari/utenti, che giustificano una limitazione del ricorso al subappalto purché motivate dalla Stazione Appaltante.
Anche l’A.N.A.C. (Atto di segnalazione n. 8 del 13/11/2019), a seguito della prima pronuncia della CGUE, aveva rappresentato a “Governo e Parlamento la necessità di un intervento normativo urgente al fine di allineare la disciplina interna in materia di subappalto di cui all’art. 105 con le indicazioni provenienti dalla sentenza della Corte di Giustizia”.
L’Autorità si è comunque espressa in senso contrario ad una possibilità di ricorso illimitato al subappalto, osservando che “…la Direttiva parla, dunque, di “parti” dell’appalto da subappaltare a terzi, lasciando quindi intravedere che la regola generale cui attenersi è quella del subappalto di una porzione e non dell’intera commessa“; la soluzione proposta è quindi “…di prevedere la regola generale dell’ammissibilità del subappalto, richiedendo alla stazione appaltante l’obbligo […] di motivare adeguatamente un eventuale limite al subappalto in relazione allo specifico contesto di gara, evitando di restringere ingiustificatamente la concorrenza“.
In questo quadro di incertezza, alcune Amministrazioni hanno iniziato a seguire le indicazioni della Corte in sede di predisposizione delle gare e valutazione delle offerte; occorrerà quindi verificare se la Giurisprudenza si orienterà nel senso di ritenere illegittime le esclusioni dalla procedure dei concorrenti che manifestino l’intenzione di subappaltare oltre il limite percentuale fissato dall’art. 105.
Nell’attesa di una riforma organica e coerente con il sistema comunitario, spetterà innanzitutto alla Stazione Appaltante valutare in sede di redazione del bando se nel caso concreto possano operare delle limitazioni al subappalto, motivandone le ragioni; di conseguenza, l’operatore economico dovrà attenersi alla specifica lex specialis di gara all’atto di indicare “le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi”, pur nella consapevolezza che il limite quantitativo è stato ritenuto non conforme al diritto dell’Unione Europea.