RISTRUTTURAZIONI DEL DEBITO – Le Sezioni Unite (finalmente) sulla prededucibilità del credito del subappaltatore

Un indirizzo definitivo in merito al coordinamento tra la norma di cui all’art. 118, 3° c. d.lgs. 163/2006 e l’art. 111 L.F. era atteso sin dalla nota pronuncia della Cassazione (n. 3402/2012), che aveva aperto alla possibilità di soddisfare in prededuzione il subappaltatore laddove tale pagamento avesse una concreta utilità per la massa, consentendo di sbloccare un pagamento di maggior importo da parte della committente pubblica, sospeso in attesa della trasmissione delle fatture quietanzate.

Nell’ambito del fallimento di un appaltatore di opera pubblica, il subcontraente aveva richiesto l’ammissione del proprio credito in prededuzione, sulla base del fatto la soddisfazione con preferenza sarebbe risultata funzionale alla gestione fallimentare, rappresentando la condizione del pagamento che l’appaltatrice fallita attendeva a sua volta di ricevere dalla Stazione Appaltante.

La questione rimessa alle Sezioni Unite riguarda quindi la sussistenza o meno di un nesso intercorrente tra l’istituto della sospensione dei pagamenti (art. 118, 3° c. d.lgs. 163/2006) e l’istituto fallimentare della prededuzione (art. 111, 2° c. L.F.), di cui dovrebbero beneficiare i crediti “…sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali“.

Secondo l’orientamento favorevole “…il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dalla L. Fall., art. 111, va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare” (Cass., Sez. I, 05/03/2012, n. 3402).

Il contrasto, già manifestato da numerose pronunce di merito in senso contrario, si è concretizzato all’interno della Sezione I della Cassazione nella sentenza n. 33350 del 21/12/2018; secondo questo orientamento, l’istituto della sospensione dei pagamenti in caso di mancata esibizione delle fatture quietanzate va ritenuto essere “…in funzione dell’interesse pubblico primario al regolare e tempestivo completamento dell’opera, nonché al controllo della sua corretta esecuzione, e solo indirettamente a tutela anche del subappaltatore, quale contraente “debole”, sicché detto meccanismo non ha ragion d’essere nel momento in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto di opera pubblica si scioglie“.

Per cui non potrebbe dirsi che il pagamento da parte della P.A. dipenda dalla soddisfazione del subappaltatore, in quanto venuta meno con il fallimento “…la ragione giustificativa del meccanismo della sospensione del pagamento che serve per garantire alla stazione appaltante la regolare esecuzione delle opere appaltate“.

Le Sezioni Unite (Sentenza n. 5685 del 02/03/2020) propendono per l’orientamento più recente, che quindi esclude in caso di fallimento dell’esecutore la possibilità di riconoscere la prededuzione al credito del subappaltatore.

Questo in ragione di diverse considerazioni, tra le quali il fatto che “…le ragioni di tutela dei crediti dei subappaltatori non possono di per sé giustificare deroghe, in via giurisprudenziale, al principio della par condicio, restando il subappaltatore che abbia adempiuto le sue prestazioni in favore del debitore in bonis pur sempre un creditore concorsuale come gli altri, “salve le cause legittime di prelazione” (art. 2741 c.c.) che spetta al legislatore introdurre e disciplinare…“.

Inoltre, la Sentenza ricostruisce la sospensione dei pagamenti come una eccezione di inadempimento, concepibile solo laddove il rapporto contrattuale sia in corso e quindi non applicabile in caso di fallimento, il quale risolve e rende inefficace ex nunc l’appalto (ex art. 72, comma 1 L.F.); si afferma quindi che il meccanismo opera solo in caso di “…persistente efficacia del contratto di appalto e, quindi, nel caso in cui l’appaltatore sia in bonis”.

Su questo passaggio la Sentenza risulta incauta o perlomeno non del tutto convincente, equiparando di fatto il fallimento alle altre procedure concorsuali (in particolare il concordato preventivo, anche in continuità) nelle quali il debitore-appaltatore, pur se non formalmente in bonis, di norma prosegue nell’esecuzione del contratto o comunque è legittimato a farlo.

A stretto rigore, secondo la ratio della pronuncia, in tutte le ipotesi di “non-scioglimento” e prosecuzione del contratto di appalto (si pensi alle procedure di concordato in continuità ai sensi dell’art. 186-bis L.F. o agli accordi di ristrutturazione) la Stazione Appaltante è legittimata ad opporre la sospensione dei pagamenti e quindi il pagamento del credito del subappaltatore torna ad avere quella utilità per la massa che giustifica il riconoscimento della prededuzione.

Il ricorso del subappaltatore dell’impresa fallita viene quindi rigettato alla luce del seguente principio di diritto: “…in caso di fallimento dell’appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3 – che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest’ultimo al subappaltatore deve ritenersi riferito all’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un’impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell’appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione“.

Per quanto la Sentenza affermi esplicitamente che la sospensione può attuarsi in caso di prosecuzione del contratto, risulta probabilmente azzardato trarne un principio di diritto tale da legittimare tout court la prededuzione del subappaltatore nell’ambito delle procedure (concorsuali) in continuità aziendale, le quali sono comunque soggette al rispetto della par condicio creditorum.