GARE E APPALTI – I primi orientamenti sui “contratti continuativi di cooperazione”

A seguito dell’introduzione nel Codice della norma di cui all’art. 105, 3° c. c-bis), per effetto del decreto n. 56/2017 (qui articolo precedente), si doveva attendere l’inevitabile contenzioso che ne sarebbe derivato per conoscere gli indirizzi interpretativi della Giurisprudenza.

La prima lettura dell’istituto è stata in senso restrittivo, precisando che “…le prestazioni oggetto di contratti continuativi di cooperazione […] sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non, invece, direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 27/12/2018 n. 7256).

Altra pronuncia ha ritenuto che “…l’esclusione alla nozione di subappalto operata dalla lett c-bis […] debbono essere limitate ad attività sussidiarie e secondarie rispetto a quelle propriamente rientranti nell’oggetto dell’appalto, pena una “vistosa la deviazione rispetto al principio di personalità nell’esecuzione dell’appalto, in assenza di alcuna forma di tutela degli interessi pubblici immanenti nell’aggiudicazione ed esecuzione di un appalto; per cui non potrebbe non dubitarsi seriamente della congruenza della norma con le disposizioni comunitarie e financo costituzionali incidenti sulla materia” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III, 29.01.2019, n. 1135, che richiama e condivide T.A.R. Sicilia – Palermo, Sez. III, 06.12.2018, n. 2583).

Tale motivazione non pare del tutto convincente, alla luce del fatto che la disciplina comunitaria del subappalto è meno restrittiva di quella nazionale, e questo aspetto è stato oggetto della procedura di infrazione che ha poi portato all’adozione del Decreto sblocca-cantieri; inoltre nella formulazione della norma non vi sono riferimenti testuali all’accessorietà delle prestazioni del cooperatore rispetto a quelle oggetto dell’appalto.

Si è successivamente delineato un diverso indirizzo, secondo cui l’orientamento restrittivo che circoscrive il ricorso ai contratti di cooperazione alle sole prestazioni sussidiarie e secondarie “…non ha conseguentemente alcun riscontro testuale nella norma e si risolve pertanto in una inammissibile interpretazione sostanzialmente abrogante della norma medesima” (T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sez. II, 04.03.2019, n. 221).

Sulla vicenda oggetto di giudizio avanti al tribunale emiliano si è successivamente pronunciata anche la Sezione III del Consiglio di Stato (18.07.2019, n. 5068), che ha adottato un orientamento opposto rispetto alla Sezione V; in particolare si è posto l’accento sul fatto che, se la norma avesse voluto riferirsi a prestazioni “secondarie” o “sussidiarie” rispetto al contenuto dell’appalto, queste sarebbero state comunque e legittimamente acquisibili ab externo dal soggetto affidatario, rivolgendosi ai propri fornitori, per cui la norma non avrebbe alcuna portata innovativa.

Diversamente “…l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”.

Prosegue il Collegio ritenendo che “…il riferimento della disposizione alle “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari” non assume valenza restrittiva (della portata applicativa della previsione), come avverrebbe se si ritenesse che esso implica la necessità che l’utilità della prestazione ridondi ad esclusivo vantaggio, in senso materiale, dell’impresa affidataria (piuttosto che dell’Amministrazione), ma allude alla direzione “giuridica” della prestazione, ovvero al fatto che l’unica relazione giuridicamente rilevante, anche agli effetti della connessa responsabilità, è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario“.

La pronuncia quindi respinge l’interpretazione restrittiva della norma, che tuttavia rimarrebbe opportuna in un’ottica di sistema rispetto alla disciplina vincolistica del subappalto; se davvero il contenuto dei “contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura” può coincidere con quello dell’appalto principale, risulta evidente che l’affidatario – almeno negli appalti di servizi e forniture – può ricorrere a questi terzi “convenzionati” senza alcuna garanzia di esecuzione (prevalentemente) personale del contratto né di trasparenza sui soggetti che intervengono nella commessa.