Con sentenza n. 3225 del 29/05/2018, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha chiarito le differenze tra gli istituti del concordato preventivo ordinario e quello in continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis L.F.; la disciplina rileva in punto di verifica dei requisiti di ordine generale ai sensi dell’art. 38, 1° c. lett. a) del d.lgs. 163/2006, oggi art. 80, 5° c. lett. b) d.lgs. 50/2016.
In particolare, secondo il Collegio “nell’ipotesi di concordato preventivo ordinario l’inibizione a contrarre con le Pubbliche Amministrazione stabilita dall’art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 viene meno con il decreto con cui il Tribunale autorizza la chiusura della procedura; per il concordato con continuità aziendale questo divieto non opera in modo assoluto durante la fase di pendenza, ma la possibilità di partecipare alla gara per l’impresa ammessa è condizionata all’adempimento degli obblighi documentali di cui all’art. 186 bis, comma V, legge fallimentare (la presentazione della relazione del professionista e la dichiarazione di avvalimento inerente l’impresa ausiliaria su indicate), obblighi definitivamente superati con il decreto di omologazione“.
Ne consegue che, una volta intervenuta l’omologazione della procedura iniziata con il decreto di ammissione, l’impresa non si considera più “in stato” di concordato ai fini delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti di ordine generale; ciò sia per le procedure liquidatorie che per quelle in continuità aziendale.
Ad avviso della Sezione, deve inoltre ritenersi “in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni” allorquando si ricada nella fase temporale compresa tra il deposito del ricorso ex art. 161, 6° c. L.F. e il decreto di ammissione ex art. 163 L.F.
Diversamente, non avrebbe significato la norma di cui all’art. 186-bis, 5° c. L.F. secondo cui “l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici”, laddove naturalmente siano assolti gli specifici obblighi documentali indicati alle lettere a) e b).
Sul punto, la sentenza ritiene che “Dall’interpretazione letterale della norma in esame si ricava, dunque, che è unicamente l’“ammissione al concordato preventivo” (ovvero il deposito del ricorso ai fini di tale ammissione) a costituire potenziale condizione impeditiva della partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione delle commesse pubbliche e che tale situazione ostativa può essere superata mediante l’adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione“.
Anche la Sezione Sesta aveva ritenuto che per ritenere “integrata la fattispecie derogatoria” fosse necessaria sia “l’autorizzazione del tribunale alla partecipazione alla gara, prescritta dall’art. 186-bis, comma 4, l. fall.” sia “la documentazione di cui al comma 5 del citato articolo” (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1084 del 20/02/2018).
Sono quindi precisamente determinati i momenti della procedura concorsuale (ricorso, anche c.d. in bianco, ammissione e omologazione) che rilevano per la sussistenza dei requisiti di ordine generale nonché per la correttezza delle relative dichiarazioni.