In seguito all’introduzione del PAT (Processo Amministrativo Telematico) è sorto un vivace dibattito tra gli operatori del settore in merito alla possibilità di utilizzare la firma digitale CAdES per gli atti da notificare anziché del formato PAdES, previsto dall’Allegato A al D.P.C.M. n. 40 del 2016.
La prima pronuncia sul punto (T.A.R. Basilicata – Potenza, Sez. I, sent. 16/02/2017, n. 160) si era espressa per l’inammissibilità del ricorso notificato in via telematica con il formato di firma digitale PAdES, ritenendo che tale circostanza – estesa alla relata di notifica – determinasse una “notifica inesistente e perciò non sanabile ai sensi dell’art. 44, comma 4, cod. proc. amm. con la costituzione in giudizio della controparte”.
Tale pronuncia aveva da subito suscitato numerose critiche, stante la irrazionalità del principio in essa affermato, espressione di un orientamento iperformalistico che non trova alcun fondamento nella disciplina del processo amministrativo e del processo civile, ove applicabile (si pensi al c.d. raggiungimento dello scopo).
Ed infatti, di avviso opposto è la recente pronuncia del T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, sent. 04/04/2017, n. 1799 che ha escluso che l’apposizione di firma CAdES sul ricorso notificato a mezzo p.e.c. “sia da considerare addirittura inesistente, così da impedirne la sanatoria mediante gli ordinari meccanismi processuali” ed ha, anzi, sancito la piena validità della notificazione del ricorso così effettuata.
Il T.A.R. Campania con la sentenza in commento osserva infatti preliminarmente che “le norme delle specifiche tecniche prescrivono che gli atti depositati siano firmati digitalmente secondo la struttura PAdES-BES, ma non impongono espressamente che tale formato sia utilizzato per la notifica alle altre parti” e che dunque “l’eventuale irregolarità del formato della firma digitale” non è riferibile “alla notificazione in sé che è stata legittimamente effettuata mediante uno dei formati ammessi dall’ordinamento”.
Ciò detto, il Tribunale campano prosegue nel proprio iter motivazionale affermando che, in ogni caso, le specifiche tecniche di cui all’allegato A del D.P.C.M. 40/2016 costituiscono una “fonte sub secondaria”, che rispondono a mere esigenze operative e che pertanto anche qualora si volesse ritenere non ammessa la firma digitale CAdES dalle specifiche tecniche, “la violazione di norme tecniche non può comportare l’invalidità degli atti di procedura compiuti qualora non vengono in rilievo la violazione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale”.
Infine il T.A.R. ricorda che “il formato CAdES è un formato generalmente ammesso nel nostro ordinamento ai sensi della menzionata normativa europea” (Regolamento UE n. 910/2014; n.d.a.) e che dunque la notifica del ricorso munito di firma in formato CAdES è conforme alla normativa comunitaria. Dal momento che è lo stesso il Regolamento Europeo ad imporre agli stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo gli standard in esso contenuti, tra i quali figurano sia il CAdES che il PAdES, in nessun caso la sottoscrizione digitale con formato CAdES può considerarsi come non avvenuta.
Sull’argomento si segnala altresì la pronuncia del Consiglio di Stato che, in un caso seppur diverso (si verteva in questa sede di un ricorso redatto in forma cartacea e non sottoscritto in forma digitale) ha affermato il principio secondo il quale “il Regolamento (d.P.C.M. 40/2016) è comunque destinato a dettare solamente “le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico”, rimanendo del tutto estraneo al suo ambito applicativo ogni valutazione in termini di validità/invalidità (e ancor più di esistenza/inesistenza) degli atti processuali”. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. 04/04/2017 n. 1541)
Sulla scorta di tale principio il Consiglio di Stato afferma la mera irregolarità (sanabile) di un ricorso redatto in forma cartacea e non sottoscritto con firma digitale dal momento che “nella disciplina del PAT manca una specifica previsione di nullità per difetto di forma e della sottoscrizione digitale”.
Per cui, laddove sia garantita l’univoca riconducibilità di un atto processuale al difensore munito di procura e non risulti leso il diritto al contraddittorio delle controparti – che prendono piena cognizione degli atti ricevuti e si costituiscono nel giudizio – non residua alcuna ragione per pronunciarne la nullità o disporne la rinnovazione.