RISTRUTTURAZIONI DEL DEBITO – La Cassazione torna sul sindacato del Tribunale sulla proposta concordataria

La prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 4915 del 27 febbraio 2017) è tornata sulla vexata quaestio dei limiti al sindacato del Tribunale nell’ambito del giudizio di omologazione del concordato preventivo o, precedentemente, in fase di ammissione del debitore alla procedura concorsuale.

In particolare, la Corte non ha ritenuto esatto “porre a base del giudizio una summa divisio tra controllo di fattibilità giuridica astratta (sempre consentito) e un controllo di fattibilità economica (sempre vietato)“, specificando che “mentre il sindacato del giudice sulla fattibilità giuridica, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, il controllo sulla fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del medesimo, può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta inettitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obbiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi.”

Prosegue la sentenza ritenendo che “non è vero affatto che il controllo di fattibilità economica, per usare l’espressione fin qui impiegata, sia in sé vietato (v. Sez. 1 n. 11497-14 e da ultimo Sez. 1 n. 26329-16), e che nella prospettiva funzionale è sempre sindacabile la proposta concordataria ove totalmente implausibile“.

Può quindi trarsi il principio secondo cui il Giudice, nel concordato preventivo, ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sulla proposta di concordato, non ostando a ciò né l’attestazione del professionista né il voto espresso dai creditori, ai quali rimane invece riservata la valutazione in ordine alla probabilità di successo economico del piano: da essa infatti dipende il conseguimento della soddisfazione del credito (o altra utilità economicamente valutabile) nella misura proposta.

Richiamando le Sezione Unite, la sentenza ritiene che il menzionato controllo di legittimità si realizzi “facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo”, e si attui verificandone “l’effettiva realizzabilità della causa concreta”, ormai tradizionalmente rinvenuta nella rimozione dello stato di crisi mediante soddisfacimento, in qualche misura, dei crediti rappresentati.