GARE E APPALTI – Il concordato in bianco (finalmente) come causa di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici

Il T.A.R. Lombardia con sentenza n. 485/2018 del 20 febbraio 2018 ha accolto il ricorso presentato dallo Studio Pettinelli avverso l’aggiudicazione definitiva dell’appalto integrato per lavori strutturali ed impiantistici di un importante polo ospedaliero lombardo, in favore di un raggruppamento temporaneo di imprese la cui mandataria, prima della disposta aggiudicazione, aveva presentato istanza di ammissione al concordato con riserva di presentazione del piano e della proposta, ai sensi del noto art. 161, 6° c. L.F.

La ricorrente, posizionatasi seconda nella graduatoria finale della gara, lamentava quindi la violazione dell’art. 38 co. 1°, lett. a) del d. lgs. n. 163/2006 e dell’art. 186-bis della legge fallimentare; segnatamente si doleva della perdita in capo alla capogruppo mandataria del R.T.I. aggiudicatario del requisito di carattere generale di cui alla lett. a) dell’art 38 del d.lgs. 163/2006 applicabile ratione temporis, ai sensi del quale sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

Tale imprescindibile requisito era venuto meno a seguito della proposizione della domanda di concordato c.d. in bianco: ed infatti la ricorrente lamentava la mancata istruttoria su tale punto da parte della Stazione Appaltante, che a seguito della presentazione del ricorso da parte della mandataria del R.T.I. aggiudicatario, avrebbe dovuto richiedere ed assumere la specifica documentazione di cui all’art. 186-bis, commi 4° e 5° L.F., ovverosia “una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto e la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto”.

Tacendo del fatto che, a norma del comma 6°, l’impresa in procedura nemmeno avrebbe potuto assumere il ruolo di mandataria del raggruppamento partecipante alla gara.

In mancanza della presentazione da parte dell’aggiudicataria della documentazione richiesta dalla Legge Fallimentare, la Stazione Appaltante avrebbe dovuto correttamente concludere per il venir meno del requisito di ordine generale (non essendo integrata la specifica eccezione prevista) e quindi disporre l’esclusione dello stesso R.T.I.

Da parte sua la mandataria del raggruppamento aggiudicatario sosteneva di non aver perso il requisito di cui all’art. 38 lett. a) d. lgs. 163/2006 in quanto aveva presentato una domanda di concordato c.d. in bianco e che dunque, in deroga a quanto stabilito dal citato art. 38 del Codice dei Contratti, potesse legittimamente partecipare alle gare; sennonché cedeva successivamente il ramo aziendale, comprensivo dell’aggiudicazione definitiva impugnata, ad altro operatore che si costituiva ad opponendum nel ricorso.

Il T.A.R. ha tuttavia rigettato l’interpretazione “estensiva”, chiarendo che “la deroga contemplata dall’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 fa esclusivo riferimento all’ipotesi del concordato preventivo con continuità aziendale (art. 186-bis L.F.); peraltro, anche in tale caso la partecipazione a procedure di affidamento a contratti pubblici deve essere autorizzata dal Tribunale, secondo quanto disposto dal citato art. 186-bis, comma 4, e l’autorizzazione in questione deve essere ottenuta prima dell’aggiudicazione definitiva”.

Il Collegio, accogliendo quindi il ricorso dello Studio Pettinelli, ha dunque sancito che “la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla gara il RTI […] poiché la mandataria […], nelle more della procedura di gara, è incorsa nella causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006, restando priva del corrispondente requisito generale al momento della aggiudicazione definitiva”; ciò dal momento che la domanda con riserva era stata presentata successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, e comunque prima della aggiudicazione definitiva non era ancora intervenuto il provvedimento di ammissione al concordato in continuità (ai sensi degli artt. 163 e 186-bis L.F.).

La pronuncia in esame costituisce una importante presa di posizione sul tema della partecipazione, da parte degli imprenditori in crisi aziendale, alle procedure di affidamento di contratti pubblici: è stato infatti sancito che tale possibilità ha carattere del tutto eccezionale e quindi richiede la compresenza di tutte le garanzie richieste dalla disciplina fallimentare.

Ciò a tutela sia del ceto creditorio dell’impresa potenzialmente insolvente, che non deve essere ulteriormente pregiudicato dall’assunzione di impegni da parte del debitore che non abbia serie prospettive di continuità, sia della Stazione Appaltante, che deve poter aggiudicare la gara ad un soggetto affidabile e che garantisca l’esecuzione del contratto.

Non va trascurata nemmeno la posizione degli altri concorrenti in gara, che vedono partecipare – e magari risultare aggiudicatario – un soggetto che beneficia di una protezione ex lege contro le esecuzioni individuali sul proprio patrimonio nonché di un consistente stralcio dei propri debiti, così versando in una posizione di sicuro vantaggio competitivo che rischia di alterare gli equilibri del mercato.

Sembra quindi che il Tribunale abbia compiuto un passo deciso nella direzione maggiormente rigorosa, a tutela della concorrenza e del mercato: solo le imprese che abbiano già il “patentino” della continuità aziendale possono legittimamente ambire a contrattare con la Pubblica Amministrazione.