Lo scorso 20 febbraio il T.A.R. Lombardia (qui il precedente articolo) aveva sancito che la presentazione di un ricorso per concordato preventivo c.d. in bianco non consentiva di applicare la deroga alle cause di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006.
Sulla medesima vicenda è intervenuta anche la pronuncia della Sezione Terza del Consiglio di Stato (Sentenza n. 5966/2018) che ha confermato la decisione di primo grado, approfondendo con grande chiarezza il tema del rapporto tra la procedura concorsuale del concordato preventivo e la partecipazione alle gare pubbliche d’appalto.
Come noto, la previgente norma di cui all’art. 38 D. Lgs. 163/2006 (oggi sostituito dall’art. 80, 5° c. lett. b) del Codice), disponeva l’esclusione dalle procedure e l’impossibilità di stipulare i contratti per i soggetti “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.
Nell’interpretare il perimetro applicativo della deroga, il Collegio ha ritenuto che “La domanda dell’impresa di ammissione alla procedura concorsuale costituisce una diretta ed inequivocabile ammissione del suo stato di crisi e dunque costituisce una procedura “in corso” a norma dell’art. 38 D.lgs. n. 163, che inibisce la partecipazione alla gara, fatta salva la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della deroga di cui all’art. 186-bis della Legge Fallimentare“.
Da ciò deriva che la deroga all’esclusione può operare solo se sussistono i presupposti previsti dalla norma fallimentare richiamata; in particolare l’adempimento degli obblighi documentali di cui al comma 5° dell’art. 186-bis, la specifica espressa autorizzazione dal Tribunale, previo parere del Commissario Giudiziale, e sempre che l’impresa non sia la mandataria del R.T.I.
Il Consiglio approfondiva anche il motivo non affrontato dal T.A.R., relativo all’impossibilità di partecipare in qualità di capogruppo mandataria ed essere contestualmente assoggettati alla procedura di concordato; sul punto viene ritenuto che “la preclusione ai sensi del sesto comma dell’art. 186-bis, per cui l’impresa non possa rivestire la qualità di mandataria, è dunque del tutto insuperabile“.
Considerando che “nel caso di specie difettavano tutti e tre i presupposti” richiesti per l’applicazione della deroga alla causa di esclusione, il Collegio concludeva per la conferma della pronuncia di primo grado.
La sentenza in commento offre una ulteriore, convincente e autorevole presa di posizione sul coordinamento della disciplina fallimentare con quella dei contratti pubblici: solo l’impresa che dimostri di poter sostenere l’esecuzione del contratto, e più in generale di avere continuità aziendale, è ammessa a partecipare alle procedure di gara, e tale dimostrazione va necessariamente effettuata ai sensi dell’art. 186-bis L.F.
Occorre quindi che le Stazioni Appaltanti – una volta appreso dell’accesso al concordato preventivo da parte di un concorrente – esigano immediatamente la produzione dei documenti di cui al comma 4° e 5° della norma fallimentare, a pena di esclusione dalla procedura di gara.