Il Giudice Amministrativo ritorna sulla causa di esclusione dalle procedure di gara per le imprese assoggettate alla procedura di concordato preventivo; in particolare se la presentazione di una domanda di concordato in bianco comporti o meno la perdita “istantanea” dei requisiti di cui all’art. 80, comma 5 lett. b) del Codice.
Secondo il T.A.R. Emilia-Romagna (sentenza n. 146 del 14 febbraio 2020) risulta preferibile l’orientamento che “…consente la partecipazione alle gare anche agli operatori economici che abbiano presentato un ricorso per concordato preventivo in bianco; diversamente sarebbe frustrata la finalità della norma volta a preservare la capacità dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti“.
Aggiunge inoltre il Collegio che “Per un’impresa in concordato non può pretendersi un DURC negativo perché altrimenti sarebbe impossibile la partecipazione a qualunque gara; inoltre la sospensione del pagamento delle ritenute previdenziali ed assicurative è fondata su previsioni legislative“.
La Sentenza non spiega, tuttavia, se sia essenziale per la partecipazione l’osservanza degli adempimenti documentali di cui all’art. 186-bis, 4° e 5° comma L.F., ovverosia l’autorizzazione del Tribunale Fallimentare e la relazione del professionista sulla coerenza del contratto oggetto di gara con il (necessariamente) redigendo piano concordatario in continuità.
Come noto, la necessità di salvaguardare la continuità dell’impresa durante il periodo “in bianco” va contemperata con l’esigenza dell’Amministrazione di contrattare con un operatore economico la cui affidabilità sia attestata da (almeno) un soggetto terzo.
Il fatto che l’art. 110 del Codice disponga che solo “…l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, può […]: a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori” indurrebbe a ritenere che la partecipazione non possa autorizzarsi prima del formale provvedimento di ammissione ex art. 163 L.F. (che consegue al deposito del piano e della proposta di concordato).
La questione della partecipazione nella fase c.d. prenotativa è stata di recente affrontata, con maggior precisione, dal Consiglio di Stato (Sez. V, n. 1328 del 21/02/2020), che ha rilevato come l’autorizzazione del Tribunale Fallimentare, richiesta ai sensi dell’art. 186-bis, 4° c. L.F., possa intervenire anche successivamente alla partecipazione, purché “…prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica“.
Viene inoltre fornita una condivisibile definizione dell’autorizzazione alla partecipazione, di cui al comma 4° della norma fallimentare; essa “…contiene l’accertamento che tale partecipazione, in vista della successiva acquisizione della commessa pubblica, è conforme agli interessi dei creditori, perché tale da non pregiudicare la solvibilità dell’impresa in concordato, ma eventualmente in grado di produrre per il ceto creditorio un beneficio riveniente dall’acquisto di una nuova fonte di ricavi“.
Nella vicenda oggetto di causa, va evidenziato, tale adempimento risultava tardivamente assolto (dopo l’aggiudicazione definitiva) e inoltre era stata prodotta una attestazione del professionista sulla «ragionevole capacità di adempimento» ai sensi del comma 3° (e non 5° lett. a) dell’art. 186-bis; per cui a stretto rigore non è autorizzato ipotizzare che una autorizzazione tempestiva del Tribunale avrebbe di per sé consentito di superare la causa di esclusione dovuta all’accesso dell’impresa al concordato preventivo.